“A me della politica non frega niente, io mi sono candidato per non finire in galera”, parole di Marcello dell’Utri
Il patriottico senatore è decisamente in buona compagnia, in Parlamento e anche nel Governo. A pensarla come lui sarà sicuramente il ministro Brancher, che ha chiesto il legittimo impedimento in un processo che lo vede imputato, perché troppo impegnato a sistemare i soprammobili sulla sua scrivania di neoministro.
Ma il Parlamento è pieno di begli esempi.
L’Onorevole Giulio Andreotti, per ben 7 volte presidente del Consiglio e addirittura uno dei papabili alla nomina di Presidente della Repubblica nel 1992 prima della strage di Capaci, è stato sottoposto a giudizio per concorso esterno in associazione mafiosa. Il processo si è concluso nel maggio 2003; il dispositivo della sentenza parla di “un'autentica, stabile ed amichevole disponibilità dell'imputato verso i mafiosi fino alla primavera del 1980”, ergo stabilisce che fino alla primavera del 1980 è ravvisabile effettivamente il reato, ma che comunque questo è estinto per prescrizione. E anche se il direttore del TG1 la pensa diversamente: prescrizione non è assoluzione
Come dimenticare poi l’onorevole Salvatore Cuffaro, attualmente senatore dell’UDC, al tempo Governatore della Regione Sicilia che nel 2008 festeggia con un vassoio di cannoli la sua condanna per favoreggiamento semplice. C’è da capirlo al caro Totò, si aspettava una sentenza più pesante.
Due giorni fa invece si è conclusa, con la sentenza della corte d’appello di Palermo, la vicenda giudiziaria che vede implicato Marcello dell’Utri, l’uomo che passerà alla storia per aver riscritto il capitolo Eroi della nostra Nazione. Due anni di assoluzione, titolerebbe Minzolini, ma rimane la condanna a sette anni in concorso esterno in associazione mafiosa per fatti che coinvolsero il senatore fino al 1992.
Credo sia arrivato il momento di riscoprire i valori della politica, i valori veri intendo.
Riporto le parole dell’articolo 54 della Costituzione
Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi. I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge.
Il primo comma parla di cittadini, non fa distinzioni tra cittadini e senatori, tutti indistintamente devono osservarne le leggi; anche se sono alti un metro e sessanta aggiungerei.
Il secondo comma invece identifica una categoria particolare di cittadini, quelli cui sono affidate funzioni pubbliche, e quindi tra questi i ministri e anche gli onorevoli , che restano comunque cittadini, proprio come "noi" comuni mortali. Questi cittadini a cui la gestione della cosa pubblica viene affidata devono adempiere con disciplina ed onore. Non viene detto che devono essere uomini d’onore, non confondiamo
Diciplina e Onore. Due parole dal sapore antico. Valori che abbiamo perso e che dobbiamo riscoprire.
Perchè la Costituzione non è datata o vecchia o superata come qualcuno vorrebbe.