martedì 12 gennaio 2010

Le stagioni del dialogo

"Siamo pronti a lanciare la sfida del dialogo e delle riforme. Questa è la politica di cui ha bisogno il Paese" (Massimo D'Alema 20 dicembre 2009)

"Siamo pronti a discutere sulle riforme istituzionali e a portare avanti un discorso di sistema in grado di rileggere i rapporti tra governo, Parlamento e magistratura ma le priorità dell'agenda politica devono essere maggiormente connesse alle esigenze degli italiani" (Pier Luigi Bersani 11 gennaio 2010)


C’è ancora nel PD, chi si prodiga, ormai da un decennio, alla disperata ricerca del dialogo, dell’accordo, dell’inciucio, con Berlusconi.
Ci avevano provato nel lontano 1997 con D’Alema Presidente di una Bicamerale che avrebbe dovuto riscrivere il nuovo assetto costituzionale dell’Italia della Seconda Repubblica ma che, dopo 15 mesi di dialogo politico farcito da crostate consumate a casa Letta, naufragò miseramente.
Nel 2008 fu il momento del veltrusconi, la grande coalizione che avrebbe dovuto fare riforme condivise, in primis sulla legge elettorale. Anche qui stagione breve, interrotta dalla netta affermazione elettorale della destra e del suo splendido condottiero, SuperSilvio da Arcore.
Il vile attacco comunista prenatalizio al Presidente del Consiglio, e la sua svolta sulla strada dell'amore, sembrava aver riaperto lo spiraglio del possibile dialogo, con D’Alema in primis, al quale non deve evidentemente essere andata giù di non aver portato a termine la bicamerale, di non aver riscritto la costituzione e quindi di non potersi fregiare del titolo di Nuovo Padre Costituente. Così è stato fino alla svolta assolutista di questi giorni, con il premier che intende avanzare come una corazzata sulle riforme, e ha già dettato la scaletta dei prossimi mesi: riforma fiscale, giustizia, riforma costituzionale.
Insomma questa del dialogo è un po come una sorta di stagione venatoria, si apre e si chiude a intervalli regolari.
Pensandoci bene è vero, il dialogo, il compromesso, è necessario in politica. La nostra stessa Costituzione nasce da un compromesso, una commistione di concezioni politiche diverse ed è il risultato di reciproche rinunce e successi, ma evidentemente i vecchi padri costituenti erano ben più ligi al dovere e ben più attenti a conciliare le loro esigenze negli interessi esclusivi del Paese. Con quello che gli storici definirono “un compromesso costituzionale”, nacque la nostra Carta, un prodotto dello sforzo unitario che le forze politiche fecero per creare uno Stato che fosse di tutti, uno stato democratico.
Alla base del dialogo deve però esserci il rispetto condiviso di valori fondamentali: democrazia e rispetto della legalità in primis. Con chi non accetta le regole della convivenza democratica, con chi non accetta i principi di legalità, con chi cerca di sovvertire le regole della convivenza civile per i propri interessi un dialogo non solo non può esistere, ma non andrebbe neppure cercato.
Detto questo, una domanda mi sorge spontanea e prendo in prestito, parafrasandola, una battuta di Corrado Guzzanti : “Bersani, ma tu e Berlusconi, che cazzo ve dovete dì…?”

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